Lei ha deciso: è finita. Glielo ha detto la sera prima di partire per le ferie, perché proprio non se la sentiva di andare via insieme, come una coppia “normale”, facendo finta di niente, come da troppo tempo ormai. Ha trovato il coraggio di dirgli che è finita, anche grazie alla speranza di un nuovo rapporto che dopo tanto tempo le fa battere il cuore, la speranza di una nuova vita.
Lui rimane attonito, incredulo, un dolore fortissimo e lancinante al petto gli toglie il respiro, ansia, panico, non riesce a dormire, e non ci riuscirà per diversi giorni. E’ sconvolto, la sua vita è sconvolta, la sua mente è sconvolta… Pensa che sia un incubo, che forse riuscirà a svegliarsi, non vuole crederci, forse c’è un errore, forse possono fare qualcosa, deve esserci qualcosa che lui può fare….
Se non ti è mai capitato di provare emozioni simili, sicuramente conosci qualcuno intorno a te che in un certo momento della sua vita si è trovato in una situazione analoga. Sia che ti sia capitato di persona o indirettamente, ti sarai forse stupito di quanto possano essere destabilizzanti per l’equilibrio piscologico ed emotivo di una persona i problemi d’amore e di coppia.
Capita infatti anche a persone generalmente equilibrate, ponderate, e razionali di ”perdere momentaneamente la testa” per il dolore legato ad una crisi di coppia, ad una improvvisa instabilità del legame col partner, ad una separazione, per cui la frase che sento più spesso dire in questi casi è “non sono più io” o “non lo/la riconosco più”, quasi con un velato timore di fondo che si stia manifestando una sorta di pregressa fragilità o instabilità mentale rimasta fino ad allora nascosta, sopita.
La realtà è un’altra
La realtà è un’altra e va ricercata a) nel naturale bisogno d’amore di ogni essere umano e b) nel funzionamento del nostro cervello.
Vediamo insieme di cosa si tratta.
a) Siamo esseri sociali, e il bisogno di amore è un bisogno primario, fondamentale e naturale!!
Quest’affermazione è in contrasto con un’idea ancora molto diffusa di maturità narcisistica che fa coincidere l’essere davvero adulti con il “farsi da sé”, con l’essere completamente ed emotivamente autosufficienti. Una sorta di Rambo, sia in pantaloni che in gonnella.
Ormai invece è stato ampiamente dimostrato che un legame di amore positivo è un bisogno fondamentale per ogni essere umano.
Studi scientifici hanno messo in evidenza che l’avere o meno una relazione d’amore, la presenza e l’accessibilità emotiva del partner e la qualità della comunicazione all’interno della coppia hanno ripercussioni sulla salute fisica dell’individuo, influendo tra l’altro sulla sua pressione arteriosa, sulla capacità di reazione allo stress, sul sistema immunitario e sulla capacità e sulla velocità di ripresa dopo una malattia o un infortunio.
La qualità del rapporto di coppia influisce anche sulla salute emotiva, per cui la depressione è molto più diffusa e persistente in coloro che non hanno un legame affettivo sicuro e appagante, e influisce anche sulle capacità intellettive, per cui le persone che vivono un rapporto soddisfacente hanno maggiore lucidità mentale e maggiore capacità di trovare soluzioni e sentirsi in grado di affrontare in autonomia i problemi e le sfide del quotidiano.
Come dire che, quasi paradossalmente, il fatto di avere un legame e un supporto emotivo sicuri con un’altra persona, ci mette in grado di farcela da soli e di attivare tutte le nostre risorse individuali.
Bowlby (colui che per primo ha elaborato la teoria dell’attaccamento e studiato i legami affettivi tra due persone) definiva infatti la capacità di contattare gli altri e chiedere sostegno e supporto emotivo un segno di forza, chiamandola “dipendenza efficace”.
Finora abbiamo descritto gli effetti positivi di un rapporto di coppia che funziona.
Ma perché una crisi di coppia, la fine di un amore, o in generale problemi con il partner possono attivare reazioni emotive così forti e destabilizzanti?
b) La rottura o la crisi di un legame possono essere percepiti come una grave minaccia alla sopravvivenza
Le emozioni in amore sono potentissime perché collegate a quelle aree del cervello più antiche e che da sempre sono responsabili di attivare l’organismo in modo veloce e immediato di fronte a stimoli pericolosi e di garantire così la nostra sopravvivenza.
Il nostro cervello è infatti composto da parti distinte che dal punto di vista evolutivo si sono sviluppate in periodi successivi. Fa parte dell’area più antica del cervello l’amigdala, una parte del cervello che di fronte ad un particolare stimolo “minaccioso”, attiva una risposta immediata di allerta dell’organismo. Quando dico “immediata” intendo non-mediata dal pensiero logico e razionale, ma veloce e istantanea.
Si tratta della stessa risposta che ha garantito la sopravvivenza a molti dei nostri antenati, quando di fronte ad una belva feroce prendersi il tempo per riflettere con calma sul da farsi non avrebbe garantito la sopravvivenza. Rispondere in modo immediato e istintivo di fronte ad un pericolo è quindi una capacità.
Ma cosa centra tutto questo con le crisi di coppia e con i problemi d’amore?
Essendo per noi l’amore un bisogno fondamentale, ne consegue che i problemi d’amore e di coppia , il pericolo di una rottura della relazione e la perdita della persona amata sono percepiti dal nostro cervello come un grave pericolo per la nostra sopravvivenza, al pari di un pericolo fisico. E’ interessante a questo proposito notare che i dolori d’amore attivano le stesse aree del cervello che si attivano con il dolore fisico: il dolore emotivo viene cioè percepito e considerato dal cervello come un dolore fisico, un segnale di pericolo che minaccia la sopravvivenza.
Così quando ci troviamo in una situazione che ci fa sentire come instabile e insicuro il nostro legame di coppia, l’amigdala si attiva e “perdiamo la testa”, perdiamo cioè il pensiero logico e razionale, e siamo preda di emozioni che facciamo fatica a capire, contenere e gestire.
A volte lo stimolo scatenante è la rottura della relazione, ma potrebbe essere anche solo uno sguardo, una parola, un gesto particolare del partner che ci fa sentire non amati, trascurati, ignorati, soli.
Cosa succede allora?
Senza pensarci e in modo automatico, sentendoci in pericolo, attiviamo una strategia di sopravvivenza, per cui possiamo diventare aggressivi (attacco) possiamo ritirarci e scappare dalla situazione, sottraendoci alla discussione e al dialogo (fuga) o possiamo essere preda del panico e avere un vissuto di annichilimento (paralisi).
Cosa possiamo fare per non cadere preda ed essere vittime delle nostre emozioni?
Fortunatamente anche se il pensiero logico e razionale è più lento dell’amigdala, restiamo pure sempre esseri pensanti e respons-abili, cioè capaci di rispondere in modo attivo e propositivo alle situazioni.
Ci sono molte cose che possiamo fare.
- La prima di tutte è prevenire la crisi. Così spesso sento di persone che hanno trascurato la loro relazione di coppia e il loro partner, sottovalutando l’importanza che questa rivestiva, e che solo quando si trovano al capolinea, nella disperazione di una rottura e di un abbandono, si tormentano perchè “solo adesso ho capito quanto è importante per me”.
- Un’altra cosa importante da fare è coltivare la capacità di prenderci cura delle nostre emozioni, di saperle ascoltare e gestire, anziché semplicemente agire.
- E ancora sviluppare l’intelligenza emotiva: ascoltare le mie emozioni non basta se non mi metto anche in ascolto di quelle del partner. In questo senso quando parliamo di una buona comunicazione di coppia ci riferiamo soprattutto alla capacità di comunicare all’altro i nostri vissuti e le nostre emozioni più profonde e di ascoltare e comprendere quelle del partner.
- Più in generale è importante avere un atteggiamento proattivo: sentirsi vittime, che l’altro è colpevole e non ci capisce, ma ci ferisce, dare all’altro la responsabilità della crisi o al contrario assumercene totalmente il carico può anche darci dei vantaggi secondari, ma sicuramente non ci aiuta a trovare quell’equilibrio interiore e nella relazione a cui la maggior parte di noi aspira. Ogni relazione si fa in due.
Ricordiamoci infine che amare è un verbo attivo: non accade semplicemente, non sempre almeno, ma è frutto anche di impegno, direzione e volontà.